Amadori non è stato solo uomo di pennello, l’altro suo lavoro è stato quello del musicista, del violinista. Questo meraviglioso strumento, che ha dato voce agli angeli e fatto trillare il demonio. È stato, per tutta la vita di alter-ego canoro, un doppio loquace e consolatore.
Per questo, dipingere il violino, che Amadori espone in molte versioni, accanto ai suoi autoritratti, ha significato per lui rappresentarsi per delega, dar corpo d’arte a una protesi chimerica di se stesso. Insomma Amadori e il suo violino sono diventati, attraverso gli anni e misteriosamente, la stessa persona.